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Il Chiasso Largo - Numero 0

Categoria : Libri Pascal Editrice / Rivista - Il Chiasso Largo
Autore : Pascal Editrice
Prezzo : € 5,00
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Descrizione : Perché?
Innanzitutto: perché “Il Chiasso Largo”?
Per chi non è di Siena, spieghiamo che tra le numerose vie (o vicoli, o chiassi) che portano a Piazza del Campo (e viceversa), ce n’è una che ufficialmente si chiama “via Rinaldini”, ma che da sempre i senesi, familiarmente, hanno appunto nominato “Chiasso Largo”, semplicemente perché fra tutti è il più ampio e spazioso. Bene: noi vogliamo cominciare da qui, perché l’idea, l’immagine di questo spazio che congiunge il cuore di un’antica e splendida città con il resto del mondo, ispira una sensazione di apertura, di comunicazione, di scambio che a noi piace. Questo è lo spirito con cui questa rivista di cultura e letteratura vuole lavorare: uno spazio che si apre a Siena, per Siena e per il mondo; e scusate la presunzione. . . .La stagione delle riviste letterarie è lontana e sepolta. Oggi abbiamo internet, le biblioteche e le riviste online, i portali, i siti, etc. In rete vengono pubblicati interi romanzi. È giusto, è vero... Ma... le idee fermate sulla carta stampata e rilegata possiedono una forza, un’identità diversa. Dentro la scatola magica del nostro computer si muove il mondo ma una volta che quella scatola magica viene spenta, ecco che il mondo tace. Il libro è invece un oggetto che ha vita propria: ti aspetta sul comodino o in fondo alla borsa; te lo puoi portare in treno e lì, se vuoi, puoi abbandonarlo; lo troverà qualcun altro che forse lo leggerà... E poi un libro resta. Magari tace per decenni, tra gli scaffali di una libreria, ma un giorno qualcuno lo libera, lo legge, lo assorbe, lo trasforma e lo trasferisce ad altri sotto forma di pensieri, emozioni, magari attraverso un altro libro. E poi, per chi scrive, avere tra le mani una pubblicazione che contiene qualcosa di suo è una sensazione straordinaria e unica. Pagine: 70 Dimensioni: 14x21
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Questo libro è stato aggiunto : Nov 23, 2006
Punti: 1832
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Il Chiasso Largo - Numero 1

Categoria : Libri Pascal Editrice / Rivista - Il Chiasso Largo
Autore : Pascal Editrice
Prezzo : € 5,00
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Descrizione : Perché?
Innanzitutto: perché “Il Chiasso Largo”?
Per chi non è di Siena, spieghiamo che tra le numerose vie (o vicoli, o chiassi) che portano a Piazza del Campo (e viceversa), ce n’è una che ufficialmente si chiama “via Rinaldini”, ma che da sempre i senesi, familiarmente, hanno appunto nominato “Chiasso Largo”, semplicemente perché fra tutti è il più ampio e spazioso. Bene: noi vogliamo cominciare da qui, perché l’idea, l’immagine di questo spazio che congiunge il cuore di un’antica e splendida città con il resto del mondo, ispira una sensazione di apertura, di comunicazione, di scambio che a noi piace. Questo è lo spirito con cui questa rivista di cultura e letteratura vuole lavorare: uno spazio che si apre a Siena, per Siena e per il mondo; e scusate la presunzione. . . .La stagione delle riviste letterarie è lontana e sepolta. Oggi abbiamo internet, le biblioteche e le riviste online, i portali, i siti, etc. In rete vengono pubblicati interi romanzi. È giusto, è vero... Ma... le idee fermate sulla carta stampata e rilegata possiedono una forza, un’identità diversa. Dentro la scatola magica del nostro computer si muove il mondo ma una volta che quella scatola magica viene spenta, ecco che il mondo tace. Il libro è invece un oggetto che ha vita propria: ti aspetta sul comodino o in fondo alla borsa; te lo puoi portare in treno e lì, se vuoi, puoi abbandonarlo; lo troverà qualcun altro che forse lo leggerà... E poi un libro resta. Magari tace per decenni, tra gli scaffali di una libreria, ma un giorno qualcuno lo libera, lo legge, lo assorbe, lo trasforma e lo trasferisce ad altri sotto forma di pensieri, emozioni, magari attraverso un altro libro. E poi, per chi scrive, avere tra le mani una pubblicazione che contiene qualcosa di suo è una sensazione straordinaria e unica. Pagine: 100 Dimensioni: 14x21
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Questo libro è stato aggiunto : Feb 26, 2007
Punti: 1692
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Il Chiasso Largo - Numero 10

Categoria : Libri Pascal Editrice / Rivista - Il Chiasso Largo
Autore : Pascal Editrice
Prezzo : 5,00
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Descrizione : La libertà e i suoi fantasmi
Tra potere e libertà d’espressione una lotta che non avrà mai fine, né confini.
C’è una piccola storia tedesca che pochi conoscono, che nessuno ha mai raccontato. Una ignobile, orrenda storia, accaduta nel 1943, periodo nel quale anche la Storia, dell’Europa e del Mondo, era ignobile e orrenda. Ma questa piccola storia voglio raccontarla adesso per la violenta forza simbolica che esprime, per il valore di paradigma del rapporto tra libertà del pensiero e potere oppressivo che è in grado di rappresentare.
Nel 1943 viveva e lavorava in Germania, a Berlino, Karlrobert Kreiten, pianista ventisettenne. Per unanime riconoscimento della critica, dei maestri e dei colleghi era uno dei più dotati talenti musicali allora esistenti. Nel 1933, a soli diciassette anni, Kreiten si era aggiudicato il prestigioso premio “Felix Mendels- sohn”; aveva poi avuto come maestro, a Vienna, Claudio Arrau; aveva suonato con Wilhelm Furtwangler; da anni teneva concerti di grande successo in Germania e in tutta Europa. Tuttavia il giovane Kreiten aveva un vizio, quello di pensare, con la propria testa. Un vizio pericolosissimo per un suddito del Reich. Così nel marzo 1943 commise un’imprudenza. Un pomeriggio in casa di sua madre, a Berlino, si trovò a chiacchierare con un’amica di lei, la signora Ellen Ott-Monecke.
Si sentiva tranquillo Karlrobert quel pomeriggio, rilassato, e si lasciò andare a qualche commento sulla guerra in corso. Era appena terminata la battaglia di Stalingrado e il giovane pianista espresse l’opinione che la guerra fosse ormai perduta e che Hitler fosse uno scellerato. Non sappiamo quanto Ellen Ott-Monecke fosse realmente amica della signora Kreiten. Sappiamo per certo che era un’informatrice della Gestapo. Due mesi dopo, nella città di Heidelberg, al termine di un concerto, il pianista venne arrestato. Fu processato e condannato per tradimento e disfattismo. Lo impiccarono l’8 settembre di quello stesso anno.
La storia è agghiacciante sotto diversi aspetti. Un potere tiran- nico assassina un oppositore. Basterebbe. Ma non basta: l’op- positore è giovane; è un grande artista, un uomo che ha tanta bellezza e armonia da regalare all’umanità. Infine, l’oppositore non è tale, in realtà. Kreiten non complottava, non ciclostilava in segreto volantini sovversivi, non agiva in alcun modo contro il governo. Viveva solo per la musica, non si occupava d’altro. Fu ucciso solo perché, un maledetto pomeriggio, sentendosi sicu- ro, nel salotto di sua madre, aveva lasciato cadere qualche con- siderazione critica sulla guerra. Sarebbe bastato che qualcuno, in quel momento, l’avesse chiamato al telefono o che lui si fosse ricordato di un vecchio impegno… sarebbe sopravvissuto.
Ma il potere dei tiranni è fatto così: è costruito sulla paura.
Paura che il popolo ha del tiranno; ma soprattutto la paura che il tiranno ha del popolo. La consapevolezza della propria illegittimità, dunque della propria debolezza morale, lo porta a diffidare ad ogni stormir di fronda, a puntare la pistola contro ogni fremito di intelligenza, di propensione all’analisi, perché ovunque c’è intelligenza, lì c’è capacità critica e dunque la tirannide è minacciata.
Il gerarca nazista Von Student diceva: «Ogni volta che sento pronunziare la parola cultura, mi viene da portare la mano alla pistola». Più chiaro di così.
Sarebbe bello poter dire: …d’accordo, ma questa è roba di settanta anni fa. Oggi i valori della democrazia imperano nel mondo. No, non nel mondo. Non in Iran, dove gli oppositori del regime teocratico vengono arrestati e assassinati; in prima fila gli intellettuali, come il regista Jafari Panhai, gente colpevole di pensare. Non in Cina, dove puoi essere fucilato anche solo per aver navigato in internet. Non in Birmania, Nigeria, Zimbabwe, Sudan, Cuba, in gran parte delle repubbliche ex sovietiche rette da avidi despoti post-comunisti…
Ma allora sarebbe bello poter dire: d’accordo, lì sono al potere delle dittature, ma in tanta parte del mondo, e specie in occidente, abbiamo delle democrazie parlamentari. Non sempre, non ovunque. La Russia è un paese organizzato secondo una costituzione democratica. Pure, Anna Politowskaja è stata assassinata, al pari di altri giornalisti, politici, imprenditori critici verso il governo. In realtà, da quelle parti, la gente non si sente molto tranquilla a dire quel che pensa, se quel che pensa è molto diverso dai messaggi che emana il potere politico, amplificati da un sistema di media quasi totalmente conformato alla linea governativa. Discorso analogo si può fare per la Bielorussia; in una certa misura anche per l’Ucraina. Come abbiamo già detto, nelle altre repubbliche ex URSS la situazione è anche peggiore.
Qui allora bisogna aprire un discorso particolare, da fare con grande attenzione, perché si può rischiare di essere fraintesi. Appare chiaro che la democrazia non è e non potrà mai essere un discorso di forma. Che la mia libertà, i miei diritti siano ampiamente garantiti sulla carta mi interessa poco, quando poi, nei fatti, il loro esercizio mi viene impedito con la forza, dove per forza dobbiamo intendere molte cose. Forza non sono solo il manganello o le manette: forza è anche la semplice minaccia della forza stessa come di altri danni o pregiudizi, sul lavoro, nelle proprie legittime aspirazioni di successo, nel proprio patrimonio, nella propria onorabilità. Ci sono governi pseudo-democratici che possiamo tranquillamente definire criminali, dove l’oppositore che utilizza la libertà che le leggi gli garantiscono viene ammazzato; spacciando l’uccisione per un caso di criminalità comune o roba del genere.
Ci sono governi pseudo-democratici che non possiamo definire criminali, perché nessun oppositore viene assassinato, né arrestato, né esiliato, che tuttavia impongono al paese che ha la sventura di essere sotto il loro controllo un affievolimento dell’effettivo godimento dei diritti, una loro progressiva limitazione. Paesi nei quali il potere cerca quotidianamente di delegittimare il ruolo di ogni organismo di controllo, di denigrare e calunniare chiunque gli si opponga; paesi dove il potere utilizza la propria immanenza sui mezzi di informazione per snaturare la democrazia e asservirla ai propri fini, per censurare ed eliminare giornalisti e trasmissioni sgradite; paesi dove il potere sfrutta l’investitura popolare pur ricevuta in virtù delle regole concordate, per stravolgere quelle regole stesse e garantirsi la perpetuazione del mandato ad onta di esse.
A questo punto sarebbe bello poter dire: sì, certi governi nazionali, magari soprattutto un certo governo nazionale, il nostro, si comportano in questa maniera, ma le forze che lo contrastano… No, non sempre e non ovunque. Esistono realtà locali nelle quali governa chi a livello nazionale è all’opposizione, e dove pure, a volte, si ripropongono le stesse, tristi logiche che sopra abbiamo delineato: disprezzo per le regole, abuso delle pubbliche risorse, informazione economicamente condizionata, intolleranza verso chi pretende di operare e parlare non in costante ossequio al potere, ostacoli sul cammino anche professionale di chi, esercitando il culto del “bene comune”, risulta eretico rispetto a quel compiaciuto esercizio del bene privato che è ormai divenuto la religione del nostro tempo.
Non è necessario che il dissenso venga punito con la morte o la galera, perché si possa parlare di tirannide. Esistono vari gradi e intensità ai quali il vulnus alla libertà può essere portato; quelli più bassi e deboli non vanno trascurati, perché la storia ha insegnato che, purtroppo, è da questi che inizia la funesta discesa verso l’abisso.
Sappiamo bene tutti, o dovremmo saperlo, che la libertà, la democrazia non sono conquiste irreversibili. In ogni società esisteranno sempre poteri, nazionali o locali, pubblici o privati, a volte tra loro connessi, che troveranno sgradevoli la critica, il dissenso, la verità. Contro tali poteri queste conquiste vanno quotidianamente difese. Per difendere la libertà esiste un solo strumento, il suo esercizio assoluto e costante.
Per questo, quando più vediamo minacciati i nostri spazi di libertà, autonomia, indipendenza di giudizio, possibilità di espressione, tanto più è nostro dovere rafforzare il nostro impe- gno per praticarli, alzando la voce se occorre, correndo rischi, se è il caso; rifiutando le intimidazioni, le tentazioni del quieto vivere.
L’arroganza del potere ha infatti questa truce caratteristica, più ti rassegni a sopportarla, a industriarti di conviverci, più essa diviene esigente e invasiva.
Allora è indispensabile resistere. E contrattaccare.
Nota editoriale : Il Nobel a Mario Vargas Llosa
Quest’anno l’Accademia Reale svedese ha conferito il premio Nobel per la letteratura a Mario Vargas Llosa. Il premio Nobel, in tutte le sue declinazioni, è probabilmente una delle ultime cose serie che esistano al mondo. Il Nobel per la letteratura a volte viene conferito ad autori quasi sconosciuti al grande pubblico, ma sempre a giusta ragione: l’autore sconosciuto, grazie al premio, diviene famoso, troviamo i suoi testi in libreria e scopriamo quanto egli abbia meritato il riconoscimento; è il caso di Herta Müller, poetessa romena di lingua tedesca, che ottenne il Nobel l’anno scorso. Altre volte, il premio va ad un autore già consacrato, a buon diritto, dalla fama. È il caso di Vargas Llosa. L’Accademia ha legittimato la consolidata esperienza letteraria, umana e ideale di un grande maestro e chi già amava i suoi libri, assegnando a essi un posto speciale nella propria biblioteca, è come se fosse stato, un po’, premiato anche lui.
Ora dovremmo parlare di Mario Vargas Llosa, inutile; preferiamo dare la parola a lui, riportando un brano del suo bellissimo saggio, “È pensabile il mondo moderno senza il romanzo?”, pubblicato in Italia da Einaudi nell’opera Il Romanzo - volume primo, La cultura del romanzo.
“Noi lettori di Cervantes o di Shakespeare, di Dante o di Tolstoj, ci sentiamo membri della stessa specie perché, nelle opere che hanno creato, abbiamo imparato quello che condividiamo in quanto esseri umani, ciò che sussiste in tutti noi al di là dell’ampio ventaglio di differenze che ci separano. E nulla difende l’essere vivente contro la stupidità dei pregiudizi, del razzismo, della xenofobia, delle ottusità localistiche, del settarismo religioso o politico, o dei nazionalismi discriminatori, meglio dell’ininterrotta costante che appare sempre nella grande letteratura; l’uguaglianza essenziale di uomini e donne in tutte le latitudinie l’ingiustizia rappresentata dallo stabilire fra loro forme di discriminazione, dipendenza o sfruttamento. Niente, meglio dei buoni romanzi, insegna a vedere nelle differenze etniche e culturali la ricchezza del patrimonio umano e ad apprezzarle come una manifestazione della sua molteplice creatività.
Leggere buona letteratura è divertirsi, certo; ma, anche, imparare, nel modo diretto e intenso che è quello dell’esperienza vissuta attraverso le opere di finzione, cosa e come siano, nella nostra interezza umana, con le nostre azioni, i nostri sogni e i nostri fantasmi, da soli e nell’intelaiatura delle relazioni che ci legano agli altri, nella nostra presenza pubblica e nel segreto della nostra coscienza, quella complessissima somma di verità contraddittorie – come le chiamava Isaiah Berlin – di cui è fatta la condizione umana.”
Grazie, Maestro, e congratulazioni.
[Nota editoriale aggiunta: Gen 11, 2011 da Admin]
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Questo libro è stato aggiunto : Lug 22, 2010
Punti: 1447
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Il Chiasso Largo - Numero 11

Categoria : Libri Pascal Editrice / Rivista - Il Chiasso Largo
Autore : Pascal Editrice
Prezzo : 5,00
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Descrizione : Il Nobel a Mario Vargas Llosa
Quest’anno l’Accademia Reale svedese ha conferito il premio Nobel per la letteratura a Mario Vargas Llosa. Il premio Nobel, in tutte le sue declinazioni, è probabilmente una delle ultime cose serie che esistano al mondo. Il Nobel per la letteratura a volte viene conferito ad autori quasi sconosciuti al grande pubblico, ma sempre a giusta ragione: l’autore sconosciuto, grazie al premio, diviene famoso, troviamo i suoi testi in libreria e scopriamo quanto egli abbia meritato il riconoscimento; è il caso di Herta Müller, poetessa romena di lingua tedesca, che ottenne il Nobel l’anno scorso. Altre volte, il premio va ad un autore già consacrato, a buon diritto, dalla fama. È il caso di Vargas Llosa. L’Accademia ha legittimato la consolidata esperienza letteraria, umana e ideale di un grande maestro e chi già amava i suoi libri, assegnando a essi un posto speciale nella propria biblioteca, è come se fosse stato, un po’, premiato anche lui.
Ora dovremmo parlare di Mario Vargas Llosa, inutile; preferiamo dare la parola a lui, riportando un brano del suo bellissimo saggio, “È pensabile il mondo moderno senza il romanzo?”, pubblicato in Italia da Einaudi nell’opera Il Romanzo - volume primo, La cultura del romanzo.
“Noi lettori di Cervantes o di Shakespeare, di Dante o di Tolstoj, ci sentiamo membri della stessa specie perché, nelle opere che hanno creato, abbiamo imparato quello che condividiamo in quanto esseri umani, ciò che sussiste in tutti noi al di là dell’ampio ventaglio di differenze che ci separano. E nulla difende l’essere vivente contro la stupidità dei pregiudizi, del razzismo, della xenofobia, delle ottusità localistiche, del settarismo religioso o politico, o dei nazionalismi discriminatori, meglio dell’ininterrotta costante che appare sempre nella grande letteratura; l’uguaglianza essenziale di uomini e donne in tutte le latitudinie l’ingiustizia rappresentata dallo stabilire fra loro forme di discriminazione, dipendenza o sfruttamento. Niente, meglio dei buoni romanzi, insegna a vedere nelle differenze etniche e culturali la ricchezza del patrimonio umano e ad apprezzarle come una manifestazione della sua molteplice creatività.
Leggere buona letteratura è divertirsi, certo; ma, anche, imparare, nel modo diretto e intenso che è quello dell’esperienza vissuta attraverso le opere di finzione, cosa e come siano, nella nostra interezza umana, con le nostre azioni, i nostri sogni e i nostri fantasmi, da soli e nell’intelaiatura delle relazioni che ci legano agli altri, nella nostra presenza pubblica e nel segreto della nostra coscienza, quella complessissima somma di verità contraddittorie – come le chiamava Isaiah Berlin – di cui è fatta la condizione umana".
Grazie, Maestro, e congratulazioni.
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Questo libro è stato aggiunto : Gen 11, 2011
Punti: 1375
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Il Chiasso Largo - Numero 12

Categoria : Libri Pascal Editrice / Rivista - Il Chiasso Largo
Autore : Pascal Editrice
Prezzo : 5,00
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Descrizione : L’ultimo poeta
del nostro ‘900
In ottobre ci ha lasciato Andrea Zanzotto. Aveva novant’anni. Era dunque l’ultimo superstite di quella generazione di poeti e scrittori che, nei decenni precedenti e seguenti l’ultima guerra mondiale, rifondarono la letteratura italiana, la nostra cultura, la nostra dignità nazionale; creando un nuovo linguaggio e un’inedita sensibilità civile, portandoci finalmente lontano dalle fatue retoriche, pur sorrette da mirabolante maestria tecnica, della triade Carducci, Pascoli, D’Annunzio e dei loro terribili imitatori.
Dire Zanzotto equivale a dire Montale, Quasimodo, Ungaretti, Luzi, ma anche Pratolini, Fenoglio, Bassani, Pavese, Pasolini; equivale a evocare quella stagione geniale e feconda delle nostre lettere che quelli della mia classe (1951) impararono a conoscere come contemporanea, che oggi invece sembra lontana non trenta o quarant’anni ma secoli. Versi scritti con inchiostro, non al pc. Che nessuno mai messaggiò col cellulare. Che difficilmente qualcuno ha mai allegato a una mail. Libri le cui pagine andavano separate col tagliacarte, che ignoravano il lusso di copertine rigide, tanto meno lucide.
Quella letteratura fondò negli anni ’40 del Novecento la nostra democrazia e accompagnò il Paese nel progresso e nella modernità ai quali si aprì nei “meravigliosi” anni ’50. Quella poesia ci rese adulti: “M’illumino d’immenso”, “ … ed è subito sera”, “Spesso il male di vivere ho incontrato …”, “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”; versi e bagliori che guidarono generazioni alla scoperta di una sensibilità moderna e dunque di se stesse.
Zanzotto fu tra le ultime leve di quella stagione; ad essa è sopravvissuto, a lungo. La sua opera fondamentale è intitolata: “Il galateo in bosco”, vigorosa testimonianza della “preistoria” agricolo-botanica della poesia italiana (i “ligustri e acanti” montaliani). Dalla “beat generation” in poi la poesia si è fatta metropolitana. Non a caso i suoi ultimi anni di vita sono trascorsi in un silenzio ancor più ermetico di quello cui pure la sua natura schiva si era da sempre affidata.
È come se la sua morte consenta la definitiva e onorata sepoltura di tutto un secolo letterario, il nostro Novecento, che nell’esile e stanca figura del grande poeta veneto continuava sommessamente a respirare.
Zanzotto, figlio di un antifascista perseguitato dal regime; egli stesso partigiano nelle file di “Giustizia e Libertà”, fu testimonianza vivente di quella parte di italiani che durante la guerra tentarono di gettare le basi di un’Italia nuova e diversa, riscattata dal servilismo verso il potente, dall’opportunismo, dalla cura ossessiva per il proprio particolare intimamente connessa all’indifferenza verso il bene comune. Italiani che, specie guardando all’Italia di ora, sono stati traditi dalle generazioni successive e beffati dalla storia.
Tuttavia, attraverso le loro opere – letterarie, artistiche o di pensiero –, quegli italiani hanno lasciato a noi, soprattutto a chi oggi è giovane, un patrimonio di idee e passioni che, se ben compreso e assimilato, costituisce un formidabile strumento per riflettere sul passato e trovare la forza per cambiare il presente.
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Questo libro è stato aggiunto : Dic 28, 2011
Punti: 1315
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Il Chiasso Largo - Numero 2

Categoria : Libri Pascal Editrice / Rivista - Il Chiasso Largo
Autore : Pascal Editrice
Prezzo : € 5,00
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Descrizione : Lo stato della poesia
Lo scorso 3 maggio abbiamo partecipato a Roma a un interessante seminario organizzato dall’Universitas Montaliana, presieduta dalla poetessa Maria Luisa Spaziani, che aveva per argomento la situazione delle riviste letterarie in Italia. Sede prestigiosa: la biblioteca della Camera dei Deputati. Relatori tre illustri critici e poeti: Claudio Damiani, Domenico Maffia, Elio Pecora.
Ciò che abbiamo ascoltato ha confermato qualcosa che sapevamo già di noi: cioè che siamo dei coraggiosi o forse dei temerari e incoscienti. Le riviste letterarie nel nostro paese vivono vita grama: nascono e muoiono dopo pochissimi numeri; non riescono a essere distribuite in libreria; hanno una circolazione faticosa e incerta... Il convegno ha però testimoniato anche quale fondamentale funzione svolgano quelle poche riviste che, pur tra tanti problemi, riescono a tirare avanti: offrire uno spazio di visibilità ad autori che diversamente non avrebbero altra possibilità per far ascoltare la propria voce, date le maglie sempre più strette degli accessi all’editoria italiana, almeno per gli autori esordienti o comunque non celebri. Questo discorso è particolarmente e drammaticamente vero per i poeti.
Si sa che la “poesia” non vende; quindi molti poeti, anche di chiara fama, con al proprio attivo pubblicazioni ben recensite dalla critica e, magari, qualche premio nel carniere, stentano a trovare un editore e, sovente, devono rifugiarsi nella piccola editoria di provincia. Figurarsi come vanno le cose per i poeti di fama meno “chiara”…
Quindi la rivista, come unico terreno di primo approccio alla pubblicazione e di verifica delle proprie potenzialità. E si tratta di uno strumento privo di alternative, perché - anche questo è emerso con chiarezza dal seminario - ricorrere a internet per intervenire su riviste on line, blog e forum, generalmente lascia l’autore deluso e inappagato: in queste riviste virtuali spesso regna la più assoluta confusione; su di esse vanno in scena polemiche furiose tra presunti poeti che prendono il sopravvento sui testi; intervenire in queste sedi si risolve comunque in un’esperienza effimera, che non lascia traccia.
Ben altre emozioni, possibilità, piaceri ci danno carta e inchiostro.
Da tutto questo, nuova voglia di andare avanti, di offrire spazio alla creatività, di farci conoscere. Pagine: 121 Dimensioni: 14x21
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Questo libro è stato aggiunto : Giu 28, 2007
Punti: 1687
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Il Chiasso Largo - Numero 3

Categoria : Libri Pascal Editrice / Rivista - Il Chiasso Largo
Autore : Pascal Editrice
Prezzo : € 5,00
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Descrizione : Da un quotidiano del 9 ottobre, apprendo che una recente indagine statistica ha rilevato che in Italia, negli ultimi anni, si è letto in molti meno, ma molto di più: è diminuito il numero dei lettori, ma è aumentato il numero dei libri venduti. Gli italiani che amano la lettura sono sempre meno, tuttavia questo “zoccolo duro” dedica sempre più tempo alla propria passione. Dunque tra i lettori non troverebbe applicazione un concetto ispirato a logiche egualitarie o solidaristiche, tipo: “Leggere meno, leggere tutti”. Vale invece il “Meno siamo, meglio leggiamo”. D’altro canto non è certo colpa di chi legge se la maggior parte dei propri concittadini non lo fa. Semmai potrebbe essere colpa di chi scrive, o di chi pubblica. Ma, alla fine, perché tormentarci se tanta gente non vuol saperne di prendere in mano un libro? Peggio per loro, mi viene da dire. Questo sarà probabilmente un atteggiamento poco responsabile o scarsamente civico, perché la diffusa ignoranza del nostro popolo (il nostro è uno dei paesi dove si legge meno, nel mondo progredito) è, a mio avviso, alla base di molti dei suoi problemi. Ma la cultura è una di quelle cose che non si possono prescrivere come le medicine, né emanare per decreto legge. Certo dovrebbe pensarci la scuola a stimolare l’interesse, la curiosità verso la lettura. Ma la nostra scuola, nelle condizioni in cui versa, è già tanto se riesce a procurare ai ragazzi un’istruzione, figuriamoci la cultura o la voglia di costruirsene una. Magari è giusto, quando se ne ha l’occasione, invitare la gente ad accostarsi al libro. Io, normalmente, lo faccio cercando di spiegare come la nostra vita quotidiana sia intessuta di letteratura. A esempio: viviamo bombardati da slogan pubblicitari che spesso traggono la loro ispirazione da luoghi letterari. Sfoglio una pubblicazione di automobilismo e trovo che c’è una piccola city car denominata “Cuore” (De Amicis). Qualche pagina dopo scopro che una lussuosa berlina viene reclamizzata con queste parole, “La quiete e la tempesta” (Leopardi). Gli spot che ci assalgono dalla televisione sono frequentemente ispirati da film che, a loro volta, sono tratti da opere letterarie… Cerco di far capire al mio restio interlocutore di turno che, se non sei tu a leggere i libri, sono i libri che leggono te; nel senso che coloro che li hanno letti hanno un vantaggio che gli consente di interpretarti e magari anche gestirti. Perché leggere molti libri è come vivere molte vite; significa moltiplicare in modo esponenziale la propria “esperienza”. Insomma vivere senza leggere è come utilizzare un complesso macchinario, senza aver letto il libretto delle istruzioni. Certo il macchinario potrà mal funzionare anche se si è studiato il libretto, ma se non lo si è fatto la cosa è pressoché inevitabile. Ci provo, ma non so con quali risultati. E allora consoliamoci con la parte buona della notizia: chi legge, legge più di prima. È un dato importante. Gli altri non sanno cosa si perdono.
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Questo libro è stato aggiunto : Nov 20, 2007
Punti: 1639
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